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Upside Down - Recensione

27/02/2013 | Recensioni |
Upside Down - Recensione

Un amore sottosopra. Due mondi rovesciati, due amanti, una sola attrazione, fortissima. 
Un’ambientazione suggestiva fa da cornice a questo film, due mondi Upside Down appunto, uno capovolto sopra all’altro tanto da fungergli da cielo stellato. Ognuno ha una propria forza di gravità, ovviamente opposta, ma non sono del tutto staccati. Una grande colonna li collega, è un grattacielo che ospita la potentissima società Trans World (di nome e di fatto). Il “mondo di sopra” è ricco e potente, il “mondo di sotto” povero e degradato. La Trans Word sfrutta le risorse del mondo di sotto per trarne profitti. Nessun abitante di uno dei due mondi può incontrare qualcuno che vive nel pianeta opposto perché, anche se fornito di calamite per essere attratto dalla gravità opposta, dopo poco inizia a bruciare. Il giovane Adam, abitante del mondo di sotto, un giorno, recatosi in un luogo proibito del suo pianeta, incontra una ragazza, Eden, che vive nel mondo di sopra. L’incontro (ovviamente a testa in giù) fa scattare la scintilla di un amore proibito che, scoperto, provoca un incidente nel quale la ragazza batte la testa. Adam crede di averla persa per sempre. Molti anni dopo, il ragazzo riesce a farsi assumere alla Trans World e scopre che Eden è viva. Ma provare a raggiungerla nel suo mondo è un’impresa quasi impossibile.
Romeo e Giulietta del terzo millennio non vivono il loro amore contrastato da due famiglie in lotta ma da due mondi opposti di segno e polarità. I due immortali amanti di Verona trovano una rilettura fantascientifica in un universo immaginifico fatto di due universi rovesciati uno sull’altro che si prestano a letture simboliche e metaforiche con possibili riferimenti a teorie politico-economiche.
Gli opposti dominano questo universo: devastazione contro costruzione, povero contro ricco, sfruttato contro sfruttatore. Nel mondo di sopra ci si serve delle materie prime del mondo di sotto per produrre energia che poi viene rivenduta a caro prezzo agli oppressi: il motore che tutto muove è il profitto, in nome del quale si stritola, si fa violenza, si uccide.  Ma è proprio una miracolosa invenzione del giovane e povero protagonista che ne fa l’oggetto dello sfruttamento e del ricatto del mondo ricco. La stessa “creazione” riuscirà però a trasformarsi in astuto asso nella manica. Certo, il fatto che si tratti di una crema antirughe ricavata da un magico polline rosa (con cui la zia preparava al protagonista bambino dei pancakes color rosato che farebbero l’invidia di tanti ‘masterchef’ televisivi) è forse un dettaglio banale e un po’ romanticone a buon mercato ma poco importa se riesce nell’intento di riunire due amanti.
Secondo lungometraggio del regista argentino Juan Solanas (figlio del più noto Fernando E. Solanas), il film colpisce soprattutto per le suggestioni su cui è costruito in cui è evidente la passione del regista per il lavoro sulle immagini. E proprio qui risiedono i pregi maggiori della pellicola, oltre che nei prodigi tecnici utilizzati per mostrare in contemporanea persone che si trovano “in piedi” sul soffitto che si rivolgono ad altre persone che sono “in piedi” sul suolo. Un dispositivo chiamato “master slave” ha permesso di girare con due mezze scenografie e due macchine da presa con un medesimo movimento di macchina: un monitor ha inquadrato due mezze immagini che alla fine ne hanno formata una sola.
Con una strizzata d’occhio alla tradizione shakespeariana e uno sguardo rivolto in avanti verso i nuovi territori del cinema fantasy, Solanas costruisce una favola moderna che affonda le sue radici nella ragion d’essere del cinema romantico, il sogno impossibile di un amore proibito. Il principio è quello dell’infallibilità dell’amore: non esistono distanze o forze impossibili da sconfiggere se ci si ama. E i volti dei due protagonisti, l’emergente Jim Sturgess e la ‘fidanzata di Spiderman’ Kirsten Dunst sembrano la perfetta reincarnazione di Romeo e Giulietta nel terzo millennio.
Il difetto più evidente del film sta in un finale un po’ troppo intriso di melassa, ma è anche vero che il cinema è per antonomasia il luogo del sogno, anzi sembra che lo stato psichico più vicino a quello indotto dalla visione di un film sia la fantasticheria, quindi perché rinunciare a un pizzico di romantica evasione soprattutto in tempi bui come questi?

Elena Bartoni
 

 


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